Sant’Angelo in Vado
La storia
Circondata dal verde intenso dell’amena e feconda valle del Metauro, Sant’ Angelo in Vado si trova
non lontano dalla catena montuosa dell’appennino che separa tra loro Marche, Umbria e Toscana.
Sant’Angelo in Vado sorge sulle rovine dell’antica Tifernum Mataurense, il municipio romano affonda le sue più remote radici nella cultura preistorica e protostorica. Lo studio della pianta della Tifernum, porta alla constatazione che la città aveva forma quadrata, con i classici cardo e decumano che si incrociavano nella piazza principale.
Oggi presso Campo della Pieve è stata ritrovata anche una “domus” gentilizia romana del I° secolo d.C. interamente ricoperta di mosaici policromi che coprono una superficie di ben 1000 metri quadrati. È stata battezzata “Domus del Mito” in virtù delle numerose interpretazioni mitologiche presenti nei tappeti musivi. Si tratta del più cospicuo rinvenimento archeologico dell’Italia Centrale degli ultimi 50 anni.
Dopo l’avvento del cristianesimo, si ritiene che divenne sede vescovile. La lunga guerra tra Bizantini ed Ostrogoti interessò anche il territorio della Tifernum che subì la totale distruzione nella fase finale della guerra combattuta
da Narsete contro Totila.
I Longobardi ricostruirono il nuovo abitato e lo dedicarono all’arcangelo Michele, di qui il nome di Sant’Angelo.
La seconda parte del nome “in Vado” fu aggiunta successivamente e sarebbe da attribuire all’attività produttiva
e commerciale legata alla coltivazione di una pianta tintoria denominata “guado” (Isatis Tinctoria); una pianta crocifera dalla quale, attraverso un opportuno procedimento, si estraeva il colore azzurro molto ricercato e prezioso che veniva utilizzato in pittura e nella tintura dei tessuti.
Sullo scorcio del Medioevo fu capoluogo della Massa Trabaria, provincia forestale dello Stato della Chiesa e antica regione appenninica composta da parti delle Marche, della Romagna, dell’Umbria e della Toscana, che a est giungeva sino al Monte Carpegna, a nord e a sud era formata dalle alte valli del Marecchia, a ovest comprendeva
il rilievo dell’Alpe della Luna fino a Sansepolcro e a sud raggiungeva il massiccio del Catria.
Dalla seconda metà del XIV secolo Sant’Angelo in Vado divenne feudo della famiglia Brancaleoni e tale rimase sino
al 1437, quando, in seguito al matrimonio di Gentile Brancaleoni e Federico da Montefeltro, passò sotto il ducato
di Urbino che gli seppe riconoscere una sua indipendenza. La dominazione Montefeltrina durò sino al 1631, anno della morte del duca Francesco Maria II° Della Rovere, con la conseguente annessione del territorio da parte
dello Stato Pontificio che lo incluse nella legazione di Pesaro e Urbino.
Nel 1636 Papa Urbano VIII elevò Sant’Angelo al rango di “Città” e la promosse a Diocesi
e tale rimase fino alla riforma del 1986.
Nel luglio del 1849 di qui passò Giuseppe Garibaldi in fuga dopo la caduta della Repubblica Romana.
Nel 1860-61 viene a far parte del Regno d’Italia.
Il Tartufo
Sant’Angelo in Vado, antica capitale della Provincia di Massa Trabaria, è tutt’ora al centro di un territorio che è definibile nell’Alta Valle del Metauro.
La città ha saputo mantenere il suo ruolo di centro economico, anche se a vicende alterne:
ha conosciuto lo splendore in epoca romana poi il declino nel Medioevo, per tornare ricca ed affollata
di luminari ed artisti nel Rinascimento, ed in tempi più recenti, le vicende delle grandi guerre
e il declino per lo spopolamento delle zone rurali.
Negli anni ’60, alcuni cittadini hanno dato l’avvio ad una nuova epoca, innalzando
un prodotto spontaneo di queste terre a fulcro di interessi economici.
Nasceva, così, la Mostra Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato delle Marche giunta, nel 2021, alla sua 58° edizione.
Il Tartufo che nasce qui è il più raro e pregiato.
Da quella anonima e pionieristica “sagra paesana” col passare degli anni nasceva l’unico Centro Sperimentale
di Tartuficoltura esistente in Italia; molti cittadini tornavano alle campagne e con il fedele cane pazientemente addestrato, cavavano i tartufi attirando compratori da tutt’Italia i quali poi, li rivendevano in occasione
di fiere o a ristoranti e privati.
Il Tartufo ha trasformato la città e i suoi abitanti, così negli anni ’70 si è sviluppata una florida zona industriale
che è, a tutt’oggi il punto di partenza del 70% della produzione europea di jeans
che qui vengono prima confezionati e poi trasformati.
Con l’inizio degli anni ’90 si è voluto rilanciare l’aspetto turistico. Ecco quindi nascere l’esigenza
di promuovere un territorio, piuttosto che la singola città, e avviare una serie di iniziative che hanno ancora come protagonista quel bene prezioso che la natura ci ha regalato: il TARTUFO.
Nella promozione turistica e culturale del territorio è stato istituito da diversi anni il premio “TARTUFO D’ORO”
il quale è il massimo riconoscimento che viene assegnato a personaggi del mondo culturale, artistico, sportivo, imprenditoriale e politico.
Nella sua storia quarantennale il premio è stato assegnato tra gli altri ad Umberto Eco, Enzo Biagi, Rita Levi Montalcini, Amintore Fanfani, Giovanni Spadolini, Carlo Bo, Peter Nichols, Antonio di Pietro, Carmen La Sorella, Clemente Minun, Katia Ranieri, Ritz Ortolani, Gianni Morandi, Pupi Avati, Diego della Valle, Pietro Mennea, Sara Simeoni, Francesco Moser, Francesco Saronni, Yuri Chechi, Valentina Vezzali, etc.
“…ho passato una domenica a Sant’Angelo in Vado: con la gente di campagna, che con gli allenati cagnetti bastardi va tra le querce, i pioppi e le eriche, a frugare e tirar fuori questa strana specie di rari e profumatissimi funghi che valgono tanto oro quanto pesano.
Suonava la banda, rullavano i tamburi per segnare il tempo agli sbandieratori, i banchetti offrivano, oltre ai panieri ricolmi di tesori appena dissotterrati con le vanghette, le salsicce, formaggi, e vin santo…”
Enzo Biagi